MEGLIO IL DISEGNO O LA SCENEGGIATURA? 2 CHIACCHIERE CON BRAZ KOVALSKY
Il mercato editoriale italiano, un tempo fucina di idee, sta attraversando una fase recessiva piuttosto allarmante. Più del 90% dei libri pubblicati non riescono a raggiungere la quota delle 100 vendite, e come se non bastasse, persino il traguardo delle 10 vendite non è affatto scontato.
E per il fumetto italiano?
La situazione fumettistica italiana non è affatto migliore. Le vendite sono stagnanti e moltissime case produttrici centellinano le loro pubblicazioni. Quali potrebbero essere le cause?
BRAZ KOVALSKY: UNO SCENEGGIATORE DISSACRANTE
Braz Kovalsky è l’autore di diversi volumi come “kiss my pussy in the cementery” e “della morte sono il giardiniere, dell’amore non conosco traccia”. La sua prosa ben si adatta allo stile horror-erotico, tuttavia il valore aggiunto risiede nella personalità stessa dell’autore. Una personalità forgiata dalla sua inventiva e dalla sua cultura a tutto campo. Con Braz abbiamo potuto parlare dei grandi problemi dei fumetti italiani, fino ad arrivare a un nodo cruciale della questione: la diatriba tra la sceneggiatura e il disegno, due aspetti fondamentali del fumetto, ma distorti dal mancato riconoscimento di pariteticità. Qui di seguito troverete un’intervista piuttosto incalzante, e in tutto questo non possiamo che ringraziare lo stesso Braz Kovalsky che di certo non ha peli sulla lingua
1) Da quanto tempo ambivi a fare fumetti e quanto tempo è passato per la pubblicazione del tuo primo lavoro?
Da ragazzo scrivevo romanzi e racconti, ma senza nessuna ambizione di pubblicarli, infatti non ho mai spedito nulla agli editori. Scrivevo per me stesso ed è quello che faccio tutt’ora. Creo storie per il
semplice gusto di farle e poi di rileggerle. Oltre al puro diletto ,c’è dietro una questione pratica: i pensieri vanno via con il tempo, ma se li scrivi su di un foglio restano impressi sulla carta.
C’è chi scatta foto per ricordare l’immagine che aveva da giovane e c’è chi come me fa libri e fumetti per ricordare l’immagine interiore che ha in un determinato periodo della vita.
Sono radiografie dell’anima.
2) Quindi com’è nato Braz Kovalsky?
Per me passare dalla prosa al fumetto è stato un caso.
Un giorno mentre aspettavo un treno, vidi un uomo che seduto faceva schizzi e
aveva una cartellina piena di disegni, per lo più sul genere fantasy.
Mi avvicinai e chiacchierando, lui disse: “sono disegni sconclusionati, non
sono capace a fare storie”.
Io risposi: “dentro quelle pagine c’è già una storia,
l’unico problema è che tu non la vedi“. Lo convinsi a darmi tutti i suoi disegni e gli diedi appuntamento per il giorno dopo allo stesso posto.
Come promesso, la mattina seguente ero lì con in mano i suoi fogli che erano diventati un fumetto, ordinati e sceneggiati, con dialoghi scritti a penna.
Lesse tutta la storia e dopo aver finito, incredulo mi disse:
“Ma tu da dove cazzo sei uscito fuori?”.
Da quella volta ci siamo incontrati quasi tutti i giorni e abbiamo lavorato insieme per più di due anni.
Da lui ho imparato tutto quello che so sul disegno, perché aveva lavorato in Bonelli per quasi vent’anni.
La prima pubblicazione è arrivata recentemente ,grazie al collettivo artistico di Cosure Comics.
3) Quali sono i pregi e i difetti dell’editoria italiana?
L’editoria italiana ha il pregio di aver prodotto opere graficamente impeccabili, soprattutto la Bonelli che, monopolizzando il mercato, ha dettato le linee guida dei fumetti nazionali.
Avendo degli standard qualitativi molto alti La Bonelli ha costretto i pochi concorrenti
a mantenersi sullo stesso livello e i disegnatori a migliorarsi costantemente
nella speranza di lavorare in questo settore.
Ecco perché la scuola dei disegnatori italiani è molto apprezzata anche all’estero.
Il loro limite invece è stato quello di trascurare la scrittura.
4) Quindi il mercato editoriale italiano tende a dare più importanza ai disegnatori piuttosto che agli autori?
Fin dagli anni 60’/70′, il fumetto era considerato arte minore. Di conseguenza gli scrittori validi sceglievano il cinema, il giornalismo e scrivevano per la televisione (che rappresentavano forme d’arte più
nobili e meglio retribuite). I fumetti, sebbene molto diffusi, erano sceneggiati da scrittori
improvvisati e addirittura erano gli stessi editori a scrivere i testi dei fumetti che producevano. La Bonelli che è la casa editrice madre, resistendo in modo magistrale alla crisi del fumetto, ha avuto il potere di impostare la sua linea editoriale su questo assioma.
5) Sembrerebbe che ciò comporti qualche lacuna nelle fasi realizzative del fumetto. Se quest’ultimo è il prodotto delle mancate sinergie, verrebbe da domandarsi come si presenti un fumetto italiano
Il disegnatore italiano è il meglio sulla piazza, lo sceneggiatore invece rimane mediocre, dopotutto è la forma che conta e non il contenuto. Basti pensare che nella sua lunga storia hanno collaborato con quasi tutti i disegnatori STAR del fumetto mondiale. Tuttavia nessuno sceneggiatore di fama mondiale ha scritto una storia per loro. Oggi l’Italia importa più del 40% dei fumetti che poi vengono venduti sul mercato e ne esporta solo il 2% e di questi titoli pochi (se non nessuno) riscuotono successo.
Ovviamente la ragione non risiede né nel prezzo (visto che abbiamo il costo più basso in Europa) né nel comparto grafico, poiché rappresenta una nostra eccellenza. Il problema primario risiede nella bassa qualità scrittoria del fumetto.
6) Molto spesso i disegnatori fanno tavole esclusivamente su commissione. Secondo te questo penalizza l’aspirante sceneggiatore e il suo progetto?
La tavola su commissione ha un costo minimo tra 100 e 150 euro, il ché significa che per un fumetto di 100 pagine è necessario un investimento di 10.000/15.000 euro.
Queste cifre sono proibitive non solo per uno sceneggiatore indipendente, ma anche per una casa editrice, dato che queste spese vanno a sommarsi ai costi di grafica, traduzione, stampa, fiere del fumetto, e infine vanno anche contemplate le tasse.
7) Più che una casa editrice ci vorrebbe un finanziamento a fondo perduto da parte di una banca. Ironia a parte, Sembrerebbe che questo mercato scoraggi veramente chi vuole farsi valere, o forse sto esagerando?
Tenendoci bassi, una storia stampata in cento copie, costa all’editore sulle 20.000 euro, soldi che viste le vendite esigue non recupererà mai.
Il mercato va avanti (anche se a fatica) perché il disegnatore ,che è la voce spese più importante, viene pagato a royalties, in media il 4% che va diviso con gli altri autori dell’opera.
Chi paga bene in Italia sono essenzialmente due case editrici che fanno prodotti seriali e che tutti i mesi hanno delle entrate fisse, parlo della Bonelli e dell’Astorina, che forti dei loro guadagni, offrono ottimi compensi.
8) Quindi esistono delle eccezioni alla regola?
Lavorare per questi editori per molti è solo un miraggio, perché hanno uno standard qualitativo altissimo e se non si è famosi, è difficile ottenere anche solo un semplice contratto freelance.
Quindi assistiamo ad un ristagno produttivo in cui migliaia e migliaia di artisti,
invece di creare fumetti, passano gli anni ad adorare i pochi eletti che lavorano
da professionisti; ad elemosinare un po’ d’attenzione sui social da parte di questi “Maestri”, dinanzi ai quali si genuflettono come se fossero divinità pagane.
9) Da pochi anni a questa parte, qualcosa è cambiato. Le persone cominciano a sperimentare nuovi modi per farsi valere nel mondo della narrativa. Ci vorresti parlare della tua esperienza in Closure Comics?
Perché aspettare che una casa editrice ti noti e stampi il tuo fumetto? Perché farlo, se poi tutti i guadagni vanno a loro? Anni di lavoro per cosa? Per un 4% di royalties? per un badge di una fiera? Solo per poter dire: “MAMMA! mi ha pubblicato Saldapress?!”
Closure comics offre un’alternativa a tutto questo. Qui facciamo autoproduzione e abbiamo all’interno del nostro organico tutte le figure che compongono una tradizionale casa editrice: letteristi, grafici,
traduttori ,coloristi ,webmaster, sceneggiatori e disegnatori.
L’unica differenza è che il 4% di ogni copia venduta viene usato per le spese di stampa e il restante 96% sono le royalties che vanno agli autori.
Ecco dova sta la differenza tra noi e gli editori italiani.
10) Qual è stato il lavoro di cui vai più fiero in Closure Comics?
Le mie opere che preferisco sono “ZOMBIE with LOVE” e “Kiss my pussy in the Cemetery”,che sono rispettivamente il numero 6 e il numero 2 della mia serie. La prima è l’opera più politica e impegnata che ho fatto finora, mentre “Kiss my pussy…” è quella più intima e personale.
11) Ci sono modelli cardini da cui hai tratto ispirazione? Come ti approcci alla costruzione di un fumetto?
I modelli dal punto di vista grafico sono innumerevoli, difficile elencarli tutti. Sono una spugna che assorbe, elabora e poi ributta tutto sul foglio. Quando disegno uso una parte ridotta del mio cervello. Per quanto mi riguarda è più una questione artigianale che artistica. La scrittura invece è la forma artistica che mi rappresenta totalmente. Per scrivere attingo acqua essenzialmente dal pozzo della mia anima.
12) Quindi non hai modelli fissi a cui ispirarti. Suggeriresti questo a chiunque voglia seguire i propri sogni?
Non mi ispiro a nessun autore e secondo me nessuno dovrebbe farlo.
L’essere umano ha un sapere antico dentro di sé: saggezza e conoscenze sepolte ,che appartengono ad altre vite, ad altre epoche. La maggior parte delle persone trascurano queste ricchezze, che invece possono essere portate in superficie con pratica e allenamento. Quando scrivo per fini artistici, sono ben conscio che in determinati frangenti della giornata, posso riportare alla luce conoscenze stipate nella parte immortale del mio spirito. È questo quello che consiglio di fare a qualsiasi sceneggiatore.
“Scrivere guardandosi dentro“.